Giuseppe Salvemini

Con il fuoco nelle vene

“Il medico […] continuava a tagliare ed a gettare davanti a sé, in un mucchio, braccia, gambe, mani, pezzi di carne e ritagli di pelle sanguinanti. Poi i due aiutanti indoravano con la tintura di iodio la parte amputata e la impacchettavano di cotone, fasciandola strettamente con la garza. Quindi prendevano il misero e, come una balla di stracci, lo gettavano nel mucchio dei feriti fasciati! […]. Da sotto a quei corpi umani colava il sangue, come cola l’acqua da un mucchio di stracci bagnati!”

“Il sole di questi giorni è terribilmente cocente. Presto rende putridi questi miseri cadaveri! Delle esalazioni pestilenziali arrestano il respiro e talvolta eccitano il vomito. Pare di camminare in un carnaio in putrefazione! Colonne di muli, con le munizioni o le marmitte del rancio in groppa, giacciono per terra, con accanto il fedele conducente! Erano uniti in vita ed ora sono uniti in morte! Molti hanno ancora il braccio infilato nella correggia della cavezza e la frusta nell’altra mano. Ed ora sono morti! Migliaia di neri vermi, si muovono, si contorcono e strisciano in quei corpi lividi e pieni di piaghe nere e sanguinolente. È la verità d’una triste sorte!” [Giuseppe Salvemini – Con il fuoco nelle vene]

Giuseppe Salvemini muore il 13 ottobre 1918. Ha 21 anni. Da un anno è tornata dalla grande guerra, a causa di un’intossicazione da gas asfissianti. Due anni prima aveva abbandonato gli studi per frequentare  l’Accademia allievi ufficiali a Modena e arruolarsi infine volontario. 

Ma un giorno, per il sottotenente aretino, arriva il momento di guidare i suoi soldati al fronte sul Carso. E lì cambia tutto. La brutalità della Decima battaglia dell’Isonzo lo travolge ed entra con i dettagli più crudi nel suo diario, fino a far vivere anche al lettore tutta l’oscenità della Prima Guerra Mondiale. La testimonianza di Giuseppe transita repentinamente dalla bellezza all’orrore, dalla spavalderia e dalla leggerezza delle aspettative avventurose e delle vicende amorose della prima parte, all’impatto della guerra, all’oscenità dello sterminio di massa e della feroce disciplina militare.